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Musei e biblioteche

Piazza Arringo può essere chiamata anche piazza dei musei non solo per il fascino dei suoi monumenti, ma anche per la concentrazione di raccolte d'arte conservate nella Cattedrale, nella Pinacoteca Civica, nel Museo Diocesano e nel Museo Archeologico Statale.

 

Pinacoteca Civica

Situata nel palazzo Comunale, la Pinacoteca fu istituita nel 1861 con il trasferimento di opere d'arte dalle chiese degli ordini religiosi soppressi. In seguito, la raccolta si è arricchita di lasciti e donazioni come le collezioni Ceci e Verrucci e di depositi come quello della Galleria d'Arte Moderna di Roma, divenendo così la più importante Pinacoteca Civica delle Marche, dopo quella statale di Urbino, e una tra le più cospicue dell'Italia centrale.
Le sue sale sono ricche di arredi antichi, in buona parte della famiglia Sgariglia, che rendono gli ambienti preziosi ed eleganti e danno la sensazione di trovarsi in un palazzo nobiliare. Da non perdere: i dipinti su tavola di Carlo Crivelli, Pietro Alamanno, Paolo da Visso e Cola dell'Amatrice; il Piviale di Niccolò IV; le tele di Tiziano, Guido Reni, Luca Giordano, Carlo Maratta, Domenico Morelli, Pellizza da Volpedo; le collezioni di ceramiche e di strumenti musicali.

 
 

Museo Archeologico Statale

Sull'altro lato di Piazza Arringo, nelle sale del Palazzo Panichi trova sede il Museo Archeologico Statale. Esso raccoglie reperti che vanno dal Paleolitico, al Neolitico, all'Età del Bronzo e poi del Ferro con la civiltà dei Piceni, fino all'epoca Romana e Longobarda.
 
Il Museo è situato nel palazzo dell'Episcopio e comprende anche una sala del Palazzetto Roverella affrescata dal pittore vicentino Marcello Fogolino con storie di Mosè (1547). Istituito ne 1961, contiene dipinti di Carlo Crivelli, Pietro Alamanno, Cola dell'Amatrice, Ludovico Trasi, Carlo Allegretti, Nicola Monti, nonché opere di oreficeria, sculture lignee ed in pietra di arte marchigiana ed abruzzese dei secc. XIII-XV. Di straordinaria importanza sono la statua d'argento e il Braccio reliquiario di S. Emidio, opere rinascimentali di grande pregio dell'orafo ascolano Pietro Vannini. Di notevole interesse sono inoltre gli affreschi trecenteschi staccati dalle chiese di S. Vittore e dei S.S. Vincenzo e Anastasio e le due sculture del `300, raffiguranti Adamo ed Eva, provenienti dalla chiesa di S. Agostino.

 
 

Galleria d'Arte Contemporanea "O. Licini"

La Galleria, istituita nel 1964 come raccolta di arte grafica, si è arricchita nel tempo con diverse opere di pittura e scultura. Fondamentale è stata l'acquisizione della Collezione Celi-Hellstrom (Dipinti e disegni di Osvaldo Licini e altri maestri del `900), che ne fa una delle maggiori gallerie d'arte contemporanea delle Marche. Tra gli autori di maggiore rilievo sono presenti, oltre Licini, Giorgio Bompadre, Giuseppe Capogrossi, Emilio Vedova, Gino Severini, Lucio Fontana.

 
 

Museo di Storia Naturale "A. Orsini"

Il Museo Provinciale è dedicato allo scienziato ascolano Antonio Orsini (1788-1870) che raccolse, nell'arco della vita, una collezione tipicamente ottocentesca di fossili, minerali, vegetali, conchiglie, erbari. Il materiale è esposto in bacheche originali dell'epoca e diviso nelle seguenti collezioni: Geognostica (rocce), Orittognostica (minerali fossili), Paleontologica (fossili del paleolitico e mesozoico). Fanno parte della collezione Orsini anche un epistolario e diversi strumenti scientifici usati dal naturalista nelle sue ricerche.

 
 

Osvaldo Licini

Un capitolo a parte spetta al pittore Osvaldo Licini (1894-1958) al quale la galleria è dedicata. Originario di Monte Vidon Corrado (AP), dopo aver frequentato l'Accademia di Belle Arti a Bologna insieme a Morandi, conobbe a Parigi nel primo dopoguerra Modigliani, Picasso ed altri maestri del `900. La creazione di un proprio repertorio di forme simboliche ricorrenti lo condusse ad un astrattismo lirico e geometrico-fantastico, fino ad una pittura carica di segni cifrati. Le opere presenti nella Galleria costituiscono un'antologica di Licini, dai primi esempi di naturalismo e ritrattistica (chiari i riferimenti a Modigliani) e di arte grafica per riviste dell'epoca, fino alle opere più conosciute della svolta astratta con le figure dell'Angelo Ribelle, dell'Olandese Volante e dell'Amalasunta.

 
 

Biblioteca Comunale "G. Gabrielli"

Fondata nel 1849, la biblioteca comunale si arricchì con l'acquisizione dei fondi librari delle corporazioni religiose soppresse dopo l'Unità d'Italia. Custodisce ora duecentomila volumi, il più antico dei quali è un codice benedettino del sec. XII di grande interesse perché contiene il prezioso Ritmo su S. Alessio, uno dei primi scritti in lingua italiana d'intento letterario. Di particolare bellezza è la raccolta di corali con pregevoli miniature. Dopo 150 anni di permanenza nel palazzo dell'Arengo, salvo un periodo al palazzo dei Capitani tra il 1910 ed il 1938, la biblioteca è stata trasferita nel 1999 nel polo culturale di S. Agostino.

 
 

Archivio di Stato

L'Archivio si trova a Borgo Solestà e conserva molti fondi antichi tra i quali quello comunale. In una sala espositiva possono essere ammirati diversi documenti antichi ed i mobili contenenti gli archivi del monastero di S. Angelo Magno e della famiglia Sgariglia.

 
 

Biblioteca e Archivio Diocesano

Costruita nel 1935 con fondi provenienti dai Gesuiti, la biblioteca è dotata di circa cinquantamila volumi e dal 1999 è stata trasferita al piano terreno del palazzo Vescovile. Di notevole interesse i volumi della biblioteca del Capitolo e i lasciti Marcucci e Fabiani.

 
 

Museo-biblioteca "F A. Marcucci"

Aperto nel 1994 per il 250° dell'Istituto delle Suore Concezioniste, il Museo occupa l'appartamento del fondatore Mons. Francesco Antonio Marcucci, e conserva un cospicuo numero di oggetti legati alla storia della congregazione. Di particolare pregio sono la Biblioteca e la Cappellina.

 
 

Museo dell'Arte Ceramica

Dopo un lungo e articolato intervento di restauro, il complesso monumentale di San Tommaso, ubicato al fianco della suggestiva chiesa romanica, il primo giugno 2007 è stato inaugurato come sede del Museo dell'Arte Ceramica, istituzione che si propone di diventare non soltanto un punto di riferimento per gli studiosi della maiolica ascolana, ma anche un vivace centro didattico dotato di tutte le attrezzature necessarie alla realizzazione di varie attività. La singolarità del complesso è ben sottolineata già dal Carducci (1853), il quale rimarca nel chiostro il riuso di materiale lapideo di varia provenienza per la realizzazione del primo ordine di archi, caratterizzati da centine in laterizio, e del secondo ordine, raccomanda l'autore "... visitino i pittori di genere questo sito e gli annessi", certo apprezzati dagli amanti del rovinismo romantico.
 
Nei suggestivi ambienti recuperati e nel chiostro hanno trovato posto le ricche collezioni comunali ed i preziosi manufatti concessi in deposito dalla Fondazione della Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno e dalla famiglia Matricardi : le cinque sezioni del museo consentono così di ripercorrere le vicende della produzione ceramica ad Ascoli Piceno fra XV e XX secolo, ma anche di ammirare alcuni straordinari oggetti delle manifatture di Deruta, Faenza, Montelupo, Savona e Genova entrati nelle raccolte comunali grazie al munifico dono di Antonio Ceci (1920). Alla fase iniziale della produzione locale possono ascriversi i bacini in maiolica arcaica decorati a zaffera e ramina, risalenti al XV secolo: i manufatti in stile compendiario realizzati a Castelli introducono la ricca sezione dedicata all'istoriato che ospita straordinari pezzi dipinti da Francesco, Carlo Antonio e Aurelio Grue ed opere uscite dalla bottega dei Gentili.

Il secondo piano della struttura è interamente dedicato alla produzione ascolane dell' Otto e Novecento:
vasi, piatti, urne, caffettiere, tazze realizzate dalla manifattura Paci (1808-1856) decorate con paesaggi, motivi floreali e finti marmi si caratterizzano per le forme originali. A distanza di sessanta anni, l'imprenditore Giuseppe Matricardi riattivava la produzione ceramica ad Ascoli piceno chiamando artista di grande notorietà, come Adolfo De Carolis, Bruno da Osimo e Giancarlo Polidori che seppero imprimere alla manifattura un aggiornato gusto Dèco, destinato a riscuotere grande successo sul mercato americano. Paralelamente la Manifattura Spada, grazie all'opera dell'ascolano Aldo Castelli e del veneziano Umberto Bellotto, proponeva nuove soluzioni formali di grande raffinatezza. Questa ricca tradizione, sviluppata negli anni Cinquanta e Sessanta grazie all'attività della FAMA, viene oggi portata avanti da vari giovani ceramisti attivi nel territorio ascolano.
 
 
Orari apertura:
dal martedì alla domenica 9.00/13.00 - 15.00/19.00
lunedì chiuso
 
Informazioni
Tel. 0736 240290