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Cos'è la Quintana

Cosa è la Quintana
Cavaliere in gara
 

Ascoli vanta una straordinaria continuità dal medioevo ad oggi di giochi storici a cavallo organizzati in occasione della festa patronale di S. Emidio, che hanno assunto quindi il significato di giochi calendariali o di consuetudine (anche se potevano essere organizzati estemporaneamente, in altri periodi dell'anno, giochi straordinari o «di apparato» per eventi particolari).

Dal '400 i giochi equestri prevedevano due fasi distinte: 1) la mostra, sfilata del nobile cavaliere e del suo seguito («brigata») davanti al pubblico, indossando sopravvesti ricamate (dal '500 recanti imprese e stemmi di famiglia) dai colori ben identificabili; 2) l'armeggeria, effettuata dal cavaliere (dopo essersi tolti gli abiti da sfilata, indossando un'armatura o un più pratico farsetto o tunica), che consisteva nella rottura della lancia contro il bersaglio.
Quintana, giostra dell'anello e palio hanno scandito infatti in maniera praticamente ininterrotta la vita calendariale della città picena dal medioevo ai nostri giorni.

Un fascino che non è mai venuto meno, da quando ascolani e stranieri, venuti nel libero comune per commerciare, si accalcavano nella Piazza dell'Arengo per ammirare i cavalieri delle più nobili casate sfidarsi tra loro, accompagnati dal loro seguito, e che trova oggi nuova eco nelle cronache televisive nazionali in diretta, rilanciando il tifo e la passione degli odierni quintanari, in una cronaca che è anche palpitante sport equestre.

Ma un fascino che ha le sue radici in uno dei centri storici italiani più belli nella sua coralità, con testimonianze rilevanti che vanno dell'epoca romana al medioevo, dal rinascimento al barocco.

La città delle pietre e la città degli uomini dialogano da secoli e fanno da contrappunto al gioco, antico per origine e pure sempre nuovo, rilanciando nelle "grida" d'oggi l'antico bando degli Statuti del 1377: "Et poi le predicte cose, quilli che a cavallo ha jocato al hasto overo armigiato, se vorrà, corra a la quintana, la quale lu dicto camorlingho la faccia fare como le altre sopradicte cose, la quale se ponga et ficcase in ne lu dicto arengho".

Il contrappunto tra pietre ed uomini di questa straordinaria città è riproposto attraverso una delle più antiche e rare testimonianze di un torneo, un bassorilievo duecentesco raffigurante un astiludio all'incontro tra due cavalieri, indossanti armature e caricanti con le lance in resta, scolpito nel travertino e attualmente incastonato in un'edicola in corso Mazzini.

 
Il bassorilievo duecentesco di Corso Mazzini
Bassorilievo duecentesco di Corso Mazzini

Per fare ulteriore luce sullo svolgimento della giostra della Quintana tra medioevo e rinascimento e sulla sua relazione rituale e simbolica con la festa patronale è interessante tenere presente il grande affresco di Santa Maria di Mevale, nel territorio di Visso, risalente alla fine del Quattrocento (1492): su più registri scorrono le immagini di una tipica solennità calendariale, in cui elementi religiosi, civici e ludici si susseguono e si correlano intimamente tra loro: la solenne processione religiosa, il corteo con in testa le autorità locali e, infine, la giostra della Quintana. Nella scena della giostra di Mevale, il cavaliere raffigurato, con le "imprese" nobiliari ben visibili sulla cavalcatura, è proteso con la lancia all'assalto di un bersaglio costituito da un palo su cui è innestata una botte.
E' questa una riprova del fatto che, almeno fino a tutto il Quattrocento, la Quintana era in genere costituita da un bersaglio fisso, che non aveva ancora le sembianze di un manichino (raffigurante simbolicamente un nemico, poi divenuto il nemico della fede per antonomasia, cioè il "moro" o "saraceno"); successivamente il manichino divenne girevole, reggendo con un braccio lo scudo che faceva da bersaglio e potendo colpire il cavaliere con la mazza o il flagello retti dall'altro braccio.

 
Particolare dell'Affresco di Santa Maria di Mevale a Visso
Particolare dell'Affresco di Santa Maria di Mevale a Visso

L'affresco di Mevale, opera di un pittore umbro marchigiano, documenta quindi una fase dell'evoluzione storica della Quintana, le cui radici risalgono al mondo romano: essa è infatti riconducibile all'antico esercizio di addestramento dei legionari, che si allenavano a piedi a colpire in punti precisi, con la spada o con il giavellotto, un "palus" alto sei piedi conficcato nella via dell'accampamento destinata all'addestramento (la "via quintana", che separava quinto e sesto manipolo, dalla quale è derivato il nome della giostra attuale).
La civiltà feudale orientò poi lo sviluppo tipologico di questo gioco verso l'esercizio di destrezza piuttosto che di forza, da farsi a cavallo e non più a piedi, e lo inserì come momento preparatorio del torneo.
Sotto il profilo tecnico, infatti, sia la Quintana che l'anello sono due giostre (dal latino juxtare= avvicinare), cioè armeggerie individuali a cavallo, miranti non a nuocere all'avversario ma a far emergere la propria abilità attraverso una corsa al galoppo lungo un percorso ("lizza" o "carriera") nel quale cavallo, cavaliere e lancia sono tesi verso un obiettivo da centrare (la Quintana o l'anello); nel mondo cavalleresco esse costituirono esercizi propedeutici al combattimento vero e proprio, costituito dal torneo. Quest'ultimo era un'armeggeria collettiva o a squadre (mischia o "melée"), in origine cruenta ed assimilabile in tutto allo svolgimento di una vera battaglia entro spazi aperti e, solo successivamente, sottoposto a regole ed organizzato nell'ambito di uno steccato, solitamente circolare.

 

Ultima Modifica: 04 Novembre 2021

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