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Teatro Ventidio Basso

Il Teatro Ventidio Basso prende il suo nome da una vecchia gloria della Roma repubblicana. Ventidio Basso, di origine ascolana, di famiglia non nobile è fatto prigioniero ancora fanciullo nella guerra sociale che sottomette Ascoli a Roma, dove Ventidio viene portato a Roma insieme alla madre. Il romano di Ascoli per guadagnarsi da vivere fa diversi mestieri tra i quali prende in appalto la raccolta di muli e carriaggi con cui rifornisce tutte le province. Conosce Giulio Cesare con i quale avvia ottimi rapporti commerciali fino a seguirlo nelle Gallie. Si fa inoltre apprezzare per le sue doti militari e politiche cosicché Cesare lo ripaga con incarichi ed onori, facendolo diventare senatore, tribuno della plebe e pretore. Successivamente Marco Antonio lo nomina capo delle province orientali e lui lo ripaga sconfiggendo in tre battaglie i temuti Parti che tentano di entrare in Siria. Il Senato Romano gli concede il trionfo, il massimo onore che si possa dare ad un generale vittorioso ed all'imperatore. Alla morte Roma gli tributa i funerali di Stato ed Ascoli lo consacrerà per sempre come uno dei personaggi storici piu' importanti della nostra città. Come già anticipato, la tradizione del teatro ad Ascoli ha origini millenarie ma è dalla metà del '500 che inizia una vera e propria tradizione teatrale, confermata dall'esistenza di una scena mobile montata all'occorrenza in un salone del palazzo dell'Arengo che divenne successivamente, un vero e proprio teatro stabile in legno intitolato a Ventidio Basso. Il pericolo di incendio spinse successivamente l'Amministrazione a favorire la costruzione di un nuovo teatro in muratura. Ma la difficoltà nel reperire i fondi fa passare molto tempo prima che la Società Teatrale apra una sottoscrizione pubblica per reperire il denaro facendo acquistare i palchi alle famiglie nobili.
 
Nel 1839 il Teatro Comunale di Legno chiude la sua gloriosa storia con al stagione di carnevale: in scena il Pirata di Vincenzo Bellini e Il Belisario di Gaetano Donizetti, le recite hanno inizio alle ore due di notte in punto. Nello stesso anno il progetto del nuovo teatro fu affidato ad Ireneo Aleandri, ideatore dello Sferisterio di Macerata e del Teatro di Spoleto e viene stabilita anche la sede del teatro nel palazzo di Via del Trivio. La Fabbrica, con struttura muraria in blocchi di travertino anche di riutilizzo appartenuti a precedenti edifici privati e pubblici, è un'opera corale che impegna un nutrito numero di professionisti,artisti ed artigiani. Il 17 aprile del 1846, con l'apertura novembrina alle porte, si effettua, nella sala Comunale, la prima estrazione dei palchi. La grande inaugurazione del Nuovo Teatro dei Signori Condomini viene annunciata da un avviso emanato "dal camerino" il 25 ottobre 1846, con la messa in scena dei de melodrammi seri, L'Ernani di Giuseppe Verdi e I Puritani di Vincenzo Bellini. Nel cast il grande soprano Anna De la Grange, fascinosa e romantica, che seduce la platea. Lo scultore Giorgio Paci la immortala con un bel busto. L'attività artistica comincia, ma il teatro non è ultimato. La facciata e i vani superiori devono aspettare. Solo nel giugno 1851 viene deliberata l'esecuzione della facciataa, sui progetto dell'Aleaandrio e cariante del Gabrielli, approvata dall'Ingegnere comunale Marco Massimi. Realizzata con parametro in travertino rifinito, al piano terra presenta un colonnato centrale con sei colonne ioniche in pietra formanti un pronao, su cui s'aprono tre porte che accedono all'atrio e altre due laterali. Al secondo piano, due finestre archivoltate e lunettate sono in corrispondenza delle due lunette del piano terra; al centro, su un colonnato d'ordine corinzio, tamponato, fanno bella mostra tre luci neoclassiche. Una seconda trabeazione, su cui si leva un timpano triangolare di coronamento, completa l'elegante ma austera costruzione.
 
Le tre porte centrali del pronao danno sul vestibolo, bipartito da un colonnato e coperto da un soffitto piano a cassettoni in stucco. Lungo le pareti, sei nicchie archivoltate ospitano statue di Giorgio Paci in gesso con anima di ferro, trattato a finto marmo: sono Apollo e Minerva le muse della Tragedia, della Commedia, dell'Armonia e della Danza. L'ampio foyer riccamente decorato del piano superiore, sovrastante l'atrio e il porticato, viene occupato inizialmente da Casino dei Nobili, piu' tardi, nel 1874 dalla gloriosa e benemerita Società Filarmonica. Nel 1872 le pitture della volta sono gravemente danneggiate dal fumo e dalle pesanti infiltrazioni d'acqua. La deputazione teatrale incarica il professor Ferdinando Cicconi di Colli del Tronto di una nuova decorazione. L'artista esegue al centro un rosone sfarzoso dalle ricche forme geometriche, curvilinee, imitanti l'oro intagliato, quindi dei campi cromatici concentrici che hanno il compito di convertire le tinte che con larga massa di luce dominano il fulcro di un colore misto, verde celeste, il quale con la situazione luministica artificiale deve fondersi, alzando e rendendo la volta piu' alta e dinamica. Nella bocca d'opera il Cicconi completa il comparto figurativo del plafond, aggiungendo ai medaglioni di Donizetti, Rossigni e Bellini, quelli di Verdi. Il pittore Cesare Recanatini dipinge l'atro sipario storico raffigurante Piazza del Popolo e sempre nel 1872 in sala vengono posizionate 220 sedie al posto delle scomode panche.
 
Nel 1907 il Ventidio viene messo a norma per la prevenzione contro gli incendi, le uscite di sicurezza e l'illuminazione elettrica. Nel 1917 una cabina di proiezione posta nel palco centrale del terz'ordine, avvia la stagione del cinema Ventidio. Nel 1932 il Comune acquisisce tutte le quote dei soci condomini, ponendo fine alla gloriosa ma superata istituzione della Società Condominiale. Il Teatro Ventidio Basso diventa comunale. Chiude nel 1979 per un lungo periodo di lavori strutturali e funzionali. Prioritario è il rifacimento del tetto e la ricostruzione della copertura con ordinatura in capriate d'acciaio sopra la zona del palcoscenico e le annesse strutture di servizio. Viene ristrutturato il corpo camerini, inserendovi una scala in cemento armato. Le murature della facciata di Via del Trivio, quelle di spina in corrispondenza delle barcacce e quelle di fondo del palcoscenico vengono consolidate con perforazioni armate. Le opere richiedono lunghissimi anni di lavoro e finalmente il 15 ottobre del 1994 c'è la riapertura e va in scena con un cast di prim'ordine (Giusy Devinu, Giuseppe Sabatini, Roberto Servile, Raffaele Paganini) La Traviata di Verdi, un'opera che la metafora arcaica e mitica del sacrificio. Il brindisi del coro (atto I, scena II) guidato da Alfredo e da Violetta inneggiante ai piaceri della vita, suona augurio ai futuri destini del teatro ascolano

Ultima Modifica: 04 Novembre 2021

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